Strano rapporto quello tra l'uomo e la morte. Qualcuno disse: non ho paura della morte, perchè quando arriverà io non ci sarò più!
E invece la morte spesso ci arriva: non addosso, ma vicino. Muore l'amico, il compagno di banco o di lavoro, il vicno di casa, un parente. Muore il cane. Muore un personaggio famoso. A vari livelli di difficoltà la morte gioca con le nostre difese, con le nostre capacità di sopportare la sofferenza, con la forza di capire.
Si muore per incidente o per malattia. Si muore lasciandosi morire. Si muore togliendosi la vita. E ch resta si interroga sul perchè e per come, quasi a voler fermare le lacrime con razionalità.
La morte cancella, lascia un vuoto, distorge una realtà che credevamo di vedere e forse così non era, ci offende perchè non ci fa sciegliere. La morte non colpisce tutti uguali, ma infine è uguale per tutti.
Guardiamo la tv e sentiamo di migliaia di morti ovunque, per guerre o terremoti o sciagure delle più spettacolari e tutto ci passa sopra. Apriamo il giornale e vediamo la foto di un amico deceduto in uno dei tanti incidenti stradali e ci entra nello stomaco come un pugno.
E a volte non sentiamo nulla: ci sembra di doverlo fare, eppure niente. La morte che ci fa sentire pure un po' colpevoli di amare la vita.
Ho saputo di un ragazzo di vent'anni, residente in zona, che si è tolto la vita e ho sentito le sue amiche e conoscenti di 16 o 17 anni parlarne con un misto di incredulità e rabbia, in un pianto asciutto, con il cuore smarrito. Così si fa conoscere la morte, privandoti della vita da sotto il naso a piccoli morsi. Come il timore di Dio ci porta a rispettarlo, così dalla morte dovremmo temere la nostra condanna e amare la vita.
Bye,
Silvia
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